corriere.it: 16 febbraio 2020: L’ultima lettera di Nazario Sauro

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risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
nella risposta sulle foibe lei fa riferimento a una lettera di Nazario Sauro al figlio. Ci può raccontare di più?
Brunella Guatta Brescia

Cara Brunella,
Nazario Sauro nasce suddito austriaco, a Capodistria, ma si sente italiano. E quando scoppia la guerra tra l’Austria e l’Italia si arruola nella marina italiana, consapevole che, se verrà catturato, sarà impiccato come traditore. Il suo sommergibile si incaglia al largo di Fiume, lui tenta di fuggire su un barchino, ma viene fermato dai nemici. Dichiara di chiamarsi Nazario Sambo, ma alcuni concittadini — le risparmio i loro nomi — lo riconoscono. Allora viene messo a confronto con sua madre, Anna. Per salvarlo dalla forca, la mamma nega di conoscere il figlio. Una scena straziante, da tragedia greca. Sarà tutto inutile. Nazario Sauro viene impiccato il 10 agosto 1916, un mese prima di compiere 36 anni, un mese dopo l’impiccagione di Cesare Battisti. Con la corda al collo riesce ancora a gridare in faccia ai carnefici: viva l’Italia. La notizia fa il giro d’Europa, lo sdegno è enorme. Prima di morire, Nazario Sauro lasciò due lettere. Una alla moglie, l’altra al primo dei cinque figli. Sono parole scritte quando l’esito della Grande Guerra era ancora incerto, e l’Italia avrebbe potuto essere travolta. Esprimono una fede nel futuro e nei compatrioti che non dovrebbe mai essere tradita.
«Caro Nino,
tu forse comprendi, o altrimenti comprenderai fra qualche anno, quale era il mio dovere d’italiano. Diedi a te, a Libero, ad Anita, a Italo, ad Albania nomi di libertà, ma non solo sulla carta; questi nomi avevano bisogno del suggello, e il mio giuramento l’ho mantenuto. Io muoio col solo dispiacere di privare i miei carissimi e buonissimi figli del loro amato padre, ma vi viene in aiuto la Patria che è il plurale di padre, e su questa patria, giura o Nino, e farai giurare ai tuoi fratelli quando avranno l’età per ben comprendere, che sarete sempre, ovunque e prima di tutto italiani. I miei baci e la mia benedizione.
Papà».
Che ne dice, gentile signora Brunella, di far leggere ad alta voce questa lettera a tutti gli eletti in Parlamento, e a tutti i condannati per corruzione?

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